CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONE 3 CIVILE
SENTENZA 30 GIUGNO 2014, N. 14774
DATA UDIENZA 10 APRILE 2014

INTEGRALE

ESECUZIONE IMMOBILIARE – VENDITA ALL’INCANTO – ACCOGLIMENTO DELL’OPPOSIZIONE AGLI ATTI ESECUTIVI – MERA VIOLAZIONE DELLA DISCIPLINA CHE REGOLA LA MODALITÀ DELL’INCANTO – INSUFFICIENZA – VIOLAZIONE COMPORTANTE LA LESIONE DELL’INTERESSE PROTETTO DEL DEBITORE DI RICAVARE DALLA VENDITA IL MAGGIOR PREZZO POSSIBILE – NECESSITÀ

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETTI Giovanni B. – Presidente

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere

Dott. RUBINO Lina – rel. Consigliere

Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20504/2008 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che li rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

(OMISSIS) SPA (gia’ denominata (OMISSIS) SPA, societa’ incorporante (OMISSIS) SPA a seguito di fusione) (OMISSIS), in persona dei sigg.ri (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS) SPA gia’ (OMISSIS) SPA, (OMISSIS) SPA;

– intimate –

avverso la sentenza n. 1172/2007 del TRIBUNALE di TIVOLI, depositata il 24/07/2007 R.G.N. 3681/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/04/2014 dal Consigliere Dott. LINA RUBINO;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per l’inammissibilita’ in subordine per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Un immobile di proprieta’ di (OMISSIS) e (OMISSIS) veniva sottoposto a tre distinte procedure esecutive immobiliari e venduto all’incanto in tre lotti in data 28.9.2006 con vendita affidata al notaio; avverso il provvedimento di aggiudicazione i ricorrenti proponevano tre distinte opposizioni agli atti esecutivi, due delle quali venivano respinte mentre una terza veniva accolta.

Con l’opposizione al provvedimento di aggiudicazione gli esecutati contestavano che gli immobili fossero stati venduti dal notaio partendo da un prezzo base d’asta ribassato di un quinto rispetto al prezzo base, avendo erroneamente ritenuto che ci fosse stata un precedente asta deserta, mentre in precedenza l’esecuzione era stata sospesa e per questo motivo non si era tenuto il precedente esperimento di vendita; inoltre contestavano che il bene fosse stato svenduto all’aggiudicatario, sulla base di una stima non corrispondente al suo valore legale. Il giudice rigettava l’opposizione, rilevando che effettivamente la vendita fosse stata sospesa in un primo momento e che pertanto il notaio, quando aveva effettuato l’esperimento di vendita, non sarebbe stato legittimato ad effettuare un ulteriore ribasso del prezzo non essendoci stata un’asta deserta; rilevava pero’ che nessun pregiudizio avessero in concreto risentito i debitori, essendo stato aggiudicato il bene ad un valore ben superiore a quello di base, sia comprensivo del ribasso che non.

(OMISSIS) e (OMISSIS) propongono ricorso per cassazione articolato in due motivi avverso la sentenza n. 1172 del 2007 del 24.7.2007 del Tribunale di Tivoli, mai notificata.

(OMISSIS) s.p.a., gia’ (OMISSIS) s.p.a., si e’ costituita con controricorso.

Le parti costituite hanno depositato memorie illustrative.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano l’illegittimita’ della sentenza, per violazione e falsa applicazione degli articoli 591 e 591 bis c.p.c., essendo il giudice stato ben consapevole della violazione consumata dal notaio delegato al compimento delle operazioni di vendita prima dell’aggiudicazione (avendo riconosciuto in sentenza che il notaio avesse illegittimamente ribassato di un quinto il prezzo base d’asta, sull’erroneo presupposto che il precedente esperimento di vendita fosse andato deserto) e cio’ non di meno avendo rigettato l’opposizione procedendo ad una valutazione degli interessi coinvolti non consentita in quella sede.

Sottopongono pertanto alla Corte il seguente quesito di diritto: “Dica la Corte adita se nella fattispecie vi sia stata violazione degli articoli 591 e 591 bis c.p.c., in ragione della palese illegittimita’ della procedura di aggiudicazione e se si possa riconoscere al giudice dell’opposizione un potere discrezionale di sanatoria delle irregolarita’ procedurali”.

Il motivo e’ infondato.

Effettivamente e’ stato commesso un errore da parte del notaio delegato allo svolgimento delle operazioni di vendita (a fronte del quale e’ discusso se lo strumento di impugnazione fosse l’opposizione agli atti esecutivi e non piuttosto il semplice reclamo al giudice dell’esecuzione), il quale ha ribassato il prezzo base d’asta, ritenendo erroneamente che il precedente esperimento fosse andato deserto, mentre esso non si era tenuto avendo in quel momento il giudice dell’esecuzione sospeso la procedura esecutiva.

Tuttavia, la valutazione del giudice dell’opposizione, che pur avendo constatato l’irregolarita’ della procedura non ha accolto l’opposizione, non si discosta dall’orientamento di questa Corte di legittimita’, in base al quale non e’ sufficiente la mera violazione delle disposizioni che disciplinano le modalita’ dell’incanto per condurre all’accoglimento dell’opposizione, se non viene dedotto e se non viene dimostrato che la violazione abbia comportato la lesione dell’interesse protetto del debitore, di ricavare dalla vendita il maggior prezzo possibile, avendo detta violazione impedito ulteriori e piu’ convenienti offerte di acquisto (v. Cass. n. 3950 del 2006).

Nel caso di specie, deve ritenersi che correttamente il giudice adito abbia rigettato l’opposizione a fronte del fatto che, pur partendo da un prezzo base illegittimamente ribassato di un quinto, l’asta si sia poi svolta con numerosi rilanci, pervenendo ad un prezzo di aggiudicazione ben superiore non solo al prezzo base ribassato ma anche al prezzo originario (il prezzo base aveva gia’ subito due ribassi, un legittimo a fronte di un primo tentativo di vendita deserto ed il secondo erroneamente disposto). Non risponde del resto ad una massima di esperienza richiamabile o ad una legge economica di comprovata regolarita’ l’affermazione dei ricorrenti in base alla quale maggiore e’ il prezzo base d’asta, maggiore e’ il risultato finale ottenibile.

I ricorrenti lamentano poi all’interno del medesimo motivo di ricorso che con la sentenza che definiva la opposizione agli atti esecutivi il giudice abbia revocato la sospensione disposta a suo tempo dal g.e., in spregio al principio secondo il quale il giudice dell’opposizione non puo’ revocare il provvedimento di sospensione adottato dal giudice dell’esecuzione in sede cautelare, potendo solo quest’ultimo provvedera’ alla sua revoca in seguito alla riassunzione della procedura esecutiva su impulso dei soggetti a cio’ aventi interesse.

Chiedono quindi alla Corte se la circostanza che il giudice dell’opposizione abbia revocato con sentenza l’ordinanza di sospensione adottata dal giudice dell’esecuzione costituisca nullita’ del procedimento e della sentenza impugnata.

Il motivo non merita accoglimento.

La previsione espressa della revoca del provvedimento di sospensione, contenuta nel dispositivo della sentenza emessa dal giudice dell’opposizione, e’ una mera irregolarita’ in quanto tale pronuncia e’ in effetti estranea all’oggetto della causa ma non integra una spoliazione del relativo potere in capo al giudice dell’esecuzione, ovvero non priva il giudice dell’esecuzione del potere di disporre in merito quando il creditore presumibilmente gli chiedera’, rigettata l’opposizione, di portare a termine il procedimento con l’emissione del decreto di trasferimento.

Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti denunciano l’illegittimita’ della sentenza impugnata per violazione degli articoli 586 e 501 c.p.c., ovvero per non aver tenuto conto del fatto che l’aggiudicazione del bene sia avvenuta ad un prezzo vile, molto inferiore al sul reale valore di mercato, pur avendolo i ricorrenti rilevato in sede di opposizione, avendo essi chiesto anche la rinnovazione della ctu, e pur potendo il g.e. sospendere la vendita in caso di prezzo ingiusto anche dopo l’aggiudicazione.

I ricorrenti chiedono quindi alla Corte se costituisca nel caso di specie violazione dell’articolo 586 c.p.c., l’omessa pronuncia da parte del giudice sulla richiesta delle opponenti di effettuare una nuova stima dell’immobile oggetto di esecuzione.

I ricorrenti specificano il secondo motivo di ricorso proponendo un secondo quesito di diritto, relativo alla dedotta violazione dell’articolo 510 c.p.c., ed in particolare chiedono se costituisca violazione dell’articolo 510 c.p.c., l’omessa pronuncia sulla richiesta dell’opponente di effettuare una nuova stima dell’immobile tenuto conto che una stima aggiornata avrebbe comportato un maggior ricavo dalla vendita forzata, atto a consentire un pieno soddisfacimento dei creditori, procedente ed intervenuto, e da consentire ai debitori opponenti di ottenere la restituzione del residuo.

Il motivo e’ infondato.

Il potere del giudice dell’esecuzione di disporre la rinnovazione della ctu., se troppo risalente e palesemente inadeguata a rispecchiare il valore effettivo del bene sottoposto a vendita forzata rientra – come del resto riconoscono gli stessi ricorrenti a pag. 9 – tra i poteri discrezionali del giudice dell’esecuzione, il cui esercizio, o mancato esercizio non sono sindacabili sotto il profilo della violazione di legge (v. Cass. n. 6272 del 2003).

Anche il potere del giudice dell’esecuzione di sospendere l’esecuzione anche dopo il compimento delle operazioni di vendita, se ritiene che il prezzo offerto sia notevolmente inferiore al prezzo giusto, e’ un potere discrezionale del giudice dell’esecuzione non sindacabile per violazione di legge, e inoltre questa censura e’ di certo una censura nuova, che non e’ stata oggetto della precedente opposizione agli atti esecutivi, per il solo fatto che l’opposizione ha avuto ad oggetto le modalita’ di vendita da parte del notaio culminate con l’aggiudicazione, mentre qui si pretende di sindacare il mancato esercizio di un potere da parte del giudice dell’esecuzione che si colloca in una fase (quella dopo l’aggiudicazione e prima del trasferimento) cronologicamente successiva rispetto a quella presa in considerazione con l’opposizione agli atti esecutivi.

Il ricorso va quindi rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come al dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Pone a carico dei ricorrenti le spese di lite sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 200,00 per spese oltre accessori di legge.

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Fonte: ediliziaeterritorio.ilsole24ore.com/tecnici24