Obbligo di non trasferibilità degli assegni circolari e bancari, divieto di trasferimento in contanti e di libretti al portatore. La definizione di usura. Tutte le ultime decisioni e leggi in materia di conti e banche.

Forse il settore più conservatore dell’economia è quello bancario. Su di esso si reggono Stati interi e non solo: le banche danno lavoro a milioni di persone, tant’è che se digiti su Google la parola «lavorare» troverai, tra i suggerimenti di ricerca, le parole «in banca» e non più «nella pubblica amministrazione». Quello che però spesso cambia è l’approccio della giurisprudenza a determinate tematiche connesse al mondo dei soldi, approccio che finisce per incidere – direttamente e indirettamente – sull’argomento banche, conto corrente e assegni. Le sentenze della magistratura si traducono in cambiamenti più o meno grandi di cui è necessario tenere sempre conto. In questo articolo abbiamo perciò voluto fornire una panoramica di quelle che sono le ultime novità su conto corrente, banche e assegni in modo da consentire di orientarsi sui cambiamenti del settore e di restare aggiornarti in modo costante. Non dovrai quindi trovare altri link su Google: potrai mettere questa pagina tra le preferite del tuo browser in modo da richiamarla, di tanto in tanto, e scoprire cosa di nuovo è successo in materia di soldi e risparmi.

Assegni trasferibili superiori a mille euro: sanzioni

La quarta direttiva comunitaria sull’antiriciclaggio [1] ha imposto agli Stati membri di limitare l’uso degli assegni trasferibili. Per questo in Italia è stata adottata una normativa molto rigorosa in base alla quale è vietato l’uso di assegni trasferibili da mille euro in su. Gli assegni con la «girata» possono avere un valore fino a massimo 999,99 euro; al contrario gli assegni bancari, circolari o postali di importo pari o superiore a 1.000 euro devono riportare, oltre a data e luogo di emissione, importo e firma – l’indicazione del beneficiario e la clausola «non trasferibile».

Fai quindi attenzione se utilizzi un modulo di assegno che hai ritirato in banca da molto tempo e verifica se l’assegno reca la dicitura «non trasferibile». Se la dicitura non è presente sull’assegno, ricordati che sei obbligato ad apporla tu se stai pagando un importo pari o superiori a 1.000 euro. Basterà che tu scriva, sulla facciata dell’assegno, «non trasferibile».

Proprio per questo le banche consegnano automaticamente alla clientela assegni con la dicitura prestampata «non trasferibile». Chi vuole utilizzare assegni in forma libera, sempre e comunque purché si tratti di importi inferiori a 1.000 euro, può presentare una richiesta scritta alla propria banca pagando un’imposta di bollo di 1,50 euro ad assegno (somma che la banca versa allo Stato). Qualora non voglia corrispondere tale somma, potrà continuare a utilizzare un assegno «non trasferibile» anche per importi inferiori a mille euro.

Le sanzioni per chi detiene un assegno con importo pari o superiore a mille euro senza la clausola «non trasferibile» (quindi, sia per chi lo emette, per chi lo “gira” e per chi lo riceve) sono particolarmente elevate e variano da 3mila a 50mila euro. Con l’unica via d’uscita rappresentata dalla possibilità di inviare osservazioni al Mef per dimostrare la dimenticanza e cercare di ottenere uno sconto (ma per farlo c’è chi ha dovuto sostenere i costi dell’assistenza legale).

Le sanzioni colpiscono anche quei risparmiatori che hanno blocchetti di assegni di vecchia data che non hanno mai utilizzato e li hanno staccati per importi a partire da mille euro a salire senza scrivere «non trasferibile» sullo strumento di pagamento.

Contanti: divieto di trasferimento e sanzioni

Gli scambi tra soggetti diversi di denaro contante possono avvenire solo per importi fino a 2.999,99 euro. È vietato pertanto il trasferimento di contanti di importi pari o superiore a 3.000 euro. L’unico modo per farlo è avvalersi di banche o di strumenti di pagamento tracciabili come assegni bancari o circolari (non trasferibili), bonifici, carte di credito o di debito (bancomat). Il divieto vale anche per pagamenti frazionati anche se ciascuno è di importo inferiore a mille euro (salvo che si tratti di pagamenti rateali concordati all’atto della conclusione del contratto come il pagamento della parcella dell’avvocato, del dentista o della ditta che esegue i lavori in casa).

Lo stesso divieto vale anche per i libretti di deposito bancari o postali al portatore o di titoli al portatore in euro o in valuta estera

Le sanzioni per chi usa contanti da 3mila euro in su vanno da 3mila a 50mila euro.

Il divieto scatta anche per i pagamenti nei confronti della pubblica amministrazione (ad esempio per le tasse). Non vale invece per i prelievi e versamenti in banca visto che non si tratta di un trasferimento di denaro tra soggetti diversi (il proprietario dei soldi resta sempre il correntista, mentre la banca è una semplice depositaria).

Libretti al portatore solo nominativi

Sono vietati i libretti al portatore, sia bancari che postali [2]. Ad oggi possono essere emessi solo libretti nominativi. Chi è ancora in possesso di vecchi libretti al portatore ha tempo fino al 31 dicembre 2018 per estinguerlo, ossia per prelevare le somme in contanti o trasferirle su un libretto nominativo o su un conto corrente. Dopo il 31 dicembre i libretti al portatore saranno considerati fuorilegge; questo però non vuol dire perdere i soldi, ma solo subire una sanzione da 250 a 500 euro. In ogni caso ricordiamo che i restanti libretti al portatore in circolazione non possono avere un saldo superiore a mille euro. Pertanto il deposito nominale deve avere e non superare in ogni momento i 999,99 di importo a disposizione, globale (anche in questo caso la sanzione va da 250 a 500 euro). La fine dei libretti al portatore è stata decisa dalla quarta direttiva europea sull’antiriciclaggio.

È allo stesso modo vietata l’apertura in forma anonima e l’intestazione fittizia di conti o libretti di risparmio (così come il loro utilizzo se aperti in uno Stato estero); la sanzione va dal 10 al 40% del saldo.

Il conto di base

Il 3 agosto 2017 è stato approvato, dalla banca d’Italia, il regolamento sul cosiddetto conto di base ad oggi ufficialmente in vigore. Il conto base è un diritto di ogni correntista, che tutte le banche devono riconoscere; consiste nella possibilità di avere un conto corrente a zero spese, o meglio “tutto compreso”. In pratica, a fronte di un canone fisso annuale (cui si aggiunge l’imposta di bollo), il cliente ha diritto a un numero determinato di operazioni senza addebito di ulteriori costi, compresa la possibilità di utilizzare il bancomat e l’home banking (ossia eseguire operazioni online come bonifici e pagamenti utenze). Pertanto le operazioni rientranti nei limiti prefissati dal contratto non vengono pagate e sono gratuite. Se detto limite viene superato, le ulteriori operazioni vengono regolarmente addebitate.  Il titolare può richiedere alla banca, che però ha facoltà di non accettare, operazioni aggiuntive ma il relativo costo deve essere “ragionevole e coerente” con il livello di reddito nazionale e ai costi mediamente applicabili.

Dal pagamento dell’imposta di bollo sono esentate le fasce socialmente svantaggiate che dovranno includere «i titolari di trattamenti pensionistici».

Conto corrente cointestato al defunto: il prelievo non è accettazione di eredità

Una recente ordinanza della Cassazione [3] ha definito cosa è lecito fare con il conto corrente cointestato con una persona appena deceduta. Il problema si era posto per chi, utilizzando il predetto conto, aveva in serbo di rinunciare all’eredità; in particolare ci si è chiesto se il prelievo dal conto o il pagamento di debiti con giacenza sul conto stesso si potesse considerare accettazione tacita dell’eredità per via dell’impiego di beni della successione (il denaro sul conto). La risposta della Cassazione è stata semplice: se è vero che l’utilizzo di soldi del defunto costituisce un atto di accettazione tacita dell’eredità e che, pertanto, in una tale ipotesi non è più possibile rinunciare alla successione, invece se il conto è cointestato questa regola non vale più. Chi preleva dal bancomat o utilizza soldi da un conto cointestato con il defunto può sempre rinunciare all’eredità (allo stesso modo di chi paga debiti del defunto con soldi propri); non lo può fare invece chi prende soldi dal conto di proprietà esclusiva del defunto.

Falsificare un assegno è reato?

Con una interessante sentenza la Cassazione [4] ha detto che falsificare un assegno è reato nonostante l’intervenuta abrogazione del reato di falso in scrittura privata [5]. L’assegno infatti deve considerarsi un titolo di credito e pertanto rientra in una diversa fattispecie delittuosa, quella di falsità in testamento olografo, cambiale e titoli di credito [6].

Interessi oltre usura

Secondo una nota e recente ordinanza della Cassazione [7], per stabilire se in un prestito viene praticata usura bancaria, gli interessi di mora devono essere calcolati al fine del superamento del tasso soglia, ma non devono essere cumulati con gli interessi corrispettivi, in quanto le due tipologie di interessi hanno diversa natura e funzione. Difatti, o si applica l’una (gli interessi corrispettivi sono quelli che vengono calcolati quando il cliente è in regola coi pagamenti) o l’altra (gli interessi moratori scattano in caso di mancato pagamento delle rate).

Arbitro bancario e finanziario: ricorsi online

Dal 5 febbraio 2018 è attivo il Portale dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) che permette la trasmissione e gestione on line dei ricorsi presentati dai clienti di servizi bancari, finanziari e di pagamento. Il Portale è uno strumento semplice e interattivo che assiste gli utenti nell’invio del ricorso tramite un’apposita procedura guidata e consente di gestire tutte le fasi della procedura. Per maggiori informazioni leggi Arbitro bancario e finanziario: da oggi ricorso online.

Nullo il contratto con la banca 4You

Secondo la Cassazione [8] è nullo il contratto con la banca denominato “4You” il quale consiste nella concessione di un mutuo di durata ragguardevole all’investitore, destinato all’acquisto di prodotti finanziari della finanziatrice ed in un contestuale mandato alla banca ad acquistare detti prodotti anche in situazione di potenziale conflitto d’interessi.

Investimenti: scritti o verbali?

La banca non è responsabile per le perdite subite con piani di investimento, se l’investitore in quanto commercialista, oltre che sindaco e revisore contabile di società, era perfettamente in grado di capire che le modalità di esecuzione dell’operazione erano anomale. In particolare il versamento di assegni intestati a una società unipersonale del promotore. Ed inoltre, i contratti di intermediazione vanno siglati in banca in forma scritta, gli ordini di acquisto, invece, possono essere impartiti anche telefonicamente. Sono validi gli ordini telefonici anche se non registrati su supporto magnetico. Ha detto la Cassazione [9], più nel dettaglio, che «in tema di intermediazione finanziaria, ove la previsione contenuta nel contratto quadro richiami la possibilità di dare all’intermediario ordini orali, secondo quanto prevede il regolamento Consob n. 11522/98, imponendo alla banca intermediaria di registrare su nastro magnetico, o altro supporto equivalente, gli ordini inerenti alle negoziazioni in valori mobiliari impartiti telefonicamente dal cliente, la documentazione attraverso la registrazione dell’ordine non costituisce, un requisito di forma degli ordini suddetti ma uno strumento atto a facilitare la prova – altrimenti più difficile – dell’avvenuta richiesta di negoziazione dei valori, con conseguente esonero da ogni responsabilità quanto all’operazione da compiere».

I contratti relativi alla prestazione di servizi d’investimento sono redatti per iscritto e un esemplare è consegnato al cliente. Ciò vale solo per il “contratto quadro”, non per gli  ordini di investimento o disinvestimento, che hanno forma libera [10].

Gli obblighi informativi che l’istituto di credito deve assolvere in relazione all’acquisto di titoli deve riguardare non solo le indicazioni generali proprie di ciascuna categoria di investimento o di prodotto finanziario ma altresì indici specifici legati all’emittente, al mercato, al rating, eventualmente segnalandone l’assenza in modo da porre l’investitore nella condizione di conoscere il rapporto tra rischiosità e redditività [11].

note

[1] Dlgs 90/2017.

[2] D.lgs. n. 90/2017.

[3] Cass. ord. n. 4320/18 del 22.02.2018.

[4] Cass. sent. n. 8065/18 del 20.02.2018.

[5] Art. 485 cod. pen. [Articolo abrogato: Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma, in tutto o in parte, una scrittura privata falsa, o altera una scrittura privata vera, è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da sei mesi a tre anni [490].

Si considerano alterazioni anche le aggiunte falsamente apposte a una scrittura vera, dopo che questa fu definitivamente formata [491, 493bis].).

[6] Art. 491 cod. pen.: «Se alcuna delle falsità prevedute dagli articoli precedenti riguarda un testamento olografo, ovvero una cambiale o un altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore, e il fatto è commesso al fine di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, si applicano le pene rispettivamente stabilite nella prima parte dell’articolo 476 e nell’articolo 482.

Nel caso di contraffazione o alterazione degli atti di cui al primo comma, chi ne fa uso, senza essere concorso nella falsità, soggiace alla pena stabilita nell’articolo 489 per l’uso di atto pubblico falso».

[7] Cass. ord. n. 23192/17.

[8] Cass. ord. n. 383/2018. Cass. sent. n. 37/2017: «Ai fini dell’articolo 1322 c.c., comma 2, non integra un interesse meritevole di tutela da parte dell’ordinamento, per contrasto con i principi generali ricavabili dagli articoli 47e 38 Cost., sulla tutela del risparmio e l’incoraggiamento delle forme di previdenza anche privata, quello perseguito mediante un contratto atipico fondato sullo sfruttamento delle preoccupazioni previdenziali del cliente da parte degli operatori professionali mediante operazioni negoziali complesse di rischio e di unilaterale riattribuzione del proprio rischio d’impresa, in ordine alla gestione di fondi comuni comprendenti anche titoli di dubbia o problematica redditività nel proprio portafoglio, in capo a colui a cui il prodotto è stato espressamente presentato come rispondente alle esigenze di previdenza complementare, quale piano pensionistico a profilo di rischio molto basso e con possibilità di disinvestimento senza oneri in qualunque momento; pertanto, non è efficace per l’ordinamento il contratto atipico il quale, in dette circostanze, consista, tra l’altro, nella concessione di un mutuo di durata ragguardevole all’investitore, destinato all’acquisto di prodotti finanziari della finanziatrice ed in un contestuale mandato alla banca ad acquistare detti prodotti anche in situazione di potenziale conflitto d’interessi».

[9] Cass. sent. n. 3708/2018.

[10] Cass. SU sent. n. 1653/18 del 23.01.2018.

[11] Cass. sent. n. 31202/2017.

Fonte: https://www.laleggepertutti.it/196541_conto-corrente-banche-e-assegni-le-ultime-novita