Recupero crediti: dai call center ai decreti ingiuntivi delle finanziarie. come si difende il debitore.

15 ottobre 2018

Hai bisogno di soldi liquidi per affrontare una grossa spesa che, al momento, non puoi permetterti se non pagando a rate. Così hai deciso di chiedere un finanziamento e, tra le numerose offerte di finanziarie disponibili sul mercato, hai trovato più conveniente quella di Findomestic. Hai presentato tutti i documenti necessari per istruire la pratica e ottenere il prestito. In particolare, ti sono state chieste le ultime buste paga, la Certificazione Unica, la dichiarazione dei redditi, un documento d’identità. All’esito, hai firmato il contratto e ricevuto, con un bonifico sul tuo conto corrente, i soldi di cui avevi necessità. Ora stai restituendo il finanziamento con versamenti rateali mensili, ma già si sono presentate alcune difficoltà economiche che potrebbero far saltare le buone intenzioni. Ti chiedi allora quali potrebbero essere le conseguenze di un eventuale ritardo o di una sospensione dei pagamenti. Verresti segnalato alle banche dati? Subiresti un pignoramento? Insomma il tuo problema è sapere: cosa succede se non pago un finanziamento Findomestic? In questo articolo ti daremo tutte le risposte che stai cercando: ti chiariremo dopo quanto tempo vengono avviate le pratiche di recupero crediti e cosa rischia concretamente il debitore, al di là di quelle che sono le minacce dei call center. Ma procediamo con ordine.

La prima cosa che bisogna sottolineare è che non esistono regole differenti in base al tipo di finanziaria: salvo che il contratto non disponga particolari garanzie per il consumatore, le conseguenze per il mancato pagamento di un finanziamento sono le stesse con tutte le società, sia che si tratti della Findomestic che di qualsiasi altro intermediario finanziario, anche la stessa banca. Il codice di procedura civile, difatti, detta regole uniformi che non possono essere peggiorate dalle scritture private. Al contrario, la finanziaria potrebbe tutt’al più prevedere tempi di maggiore tolleranza prima di far ricorso alle vie legali. Non solo: ci sono finanziarie che preferiscono tentare il recupero dei crediti in via stragiudiziale (con le telefonate) e altre che, invece, imboccano subito la porta del tribunale. Ma, una volta che si dà corso alle azioni giudiziarie, le conseguenze sono sempre le stesse.

Detto ciò vediamo cosa succede se non si paga un finanziamento Findomestic.

Indice

  • 1 Mancato pagamento prestito: segnalazione Centrale Rischi
  • 2 Ritardo nel pagamento del finanziamento: interessi
  • 3 Ritardo nel pagamento del finanziamento: la telefonata del call center
  • 4 Ritardato pagamento: ricorso al giudice
    • 4.1 Recupero rate non versate
    • 4.2 Risoluzione del contratto e restituzione dell’intero capitale
  • 5 L’esecuzione forzata e il pignoramento
  • 6 Soluzioni contro i debiti

Mancato pagamento prestito: segnalazione Centrale Rischi

Le finanziarie sono considerate dalla legge al pari delle banche: sono cioè intermediari finanziari. Pertanto, se non paghi un prestito, verrai segnalato sia alla Centrare Rischi della Banca d’Italia (cosiddetta CAI) che ai cosiddetti SIC (Sistemi di informazioni creditizie) come ad esempio Crif, Experian, CTC.

La conseguenza è che la tua “reputazione commerciale” ne sarà macchiata e subirai una serie di conseguenze come il divieto all’emissione di assegni, all’apertura di conti correnti, alla concessione di ulteriori mutui e prestiti fino a debito estinto.

La giurisprudenza ritiene che la segnalazione alla Centrale Rischi non possa avvenire in automatico già al ritardo di un solo giorno, né al mancato pagamento di una singola rata. Vi devono al contrario essere indici consistenti che facciano ritenere che il debitore sia in difficoltà economiche e che non possa adempiere. Quindi la semplice dimenticanza, cui si sia riparato al più presto, non può essere causa di inserimento negli elenchi dei cattivi pagatori. Inoltre, prima della segnalazione, la finanziaria ha l’obbligo di avvisare il debitore mettendolo in mora con una raccomandata e dandogli il tempo di regolarizzarsi.

Ricorda un’ultima e non meno importante questione: una cosa è la Centrale Rischi della banca d’Italia, nella quale si viene inseriti solo se si è in mora nei pagamenti, un’altra sono i SIC (come Crif) nei quali finiscono i propri dati già al momento della richiesta di un prestito e vi rimangono fino a estinzione del debito: non si tratta, infatti, di banche dati di cattivi pagatori ma solo di elenchi di soggetti che hanno in corso una pratica di finanziamento. Ciò serve per verificarne l’indebitamento e l’affidabilità del soggetto, dimodoché l’eventuale banca cui questi dovesse in futuro chiedere ulteriori soldi sappia con chi ha a che fare.

Ritardo nel pagamento del finanziamento: interessi

Il ritardo nel pagamento di un finanziamento fa scattare subito gli interessi di mora, la cui entità è definita nel contratto con la Finanziaria e che comunque non può mai superare la soglia dell’usura. Per verificare il superamento dell’usura bisogna confrontare il TAEG (che sintetizza il complessivo costo del finanziamento, tenendo conto anche delle spese di avvio pratica, di assicurazione, di estinzione, ecc.) con il tasso fissato periodicamente dal Ministero dell’Economia.

Ritardo nel pagamento del finanziamento: la telefonata del call center

Se anche la legge consente al creditore di agire in tribunale già al momento dell’inadempimento (quindi anche un giorno dopo la scadenza della rata), non sempre si agisce direttamente per le vie giudiziali, notoriamente lunghe e costose. E ciò vale soprattutto per le finanziarie che devono gestire un enorme numero di contratti. Così è abitudine ormai consolidata tentare prima  la carta bonaria mediante uno o più solleciti. I solleciti possono essere effettuati in via telefonica dai call center o con lettere. Le lettere possono essere raccomandate o anche semplici; queste ultime però non hanno l’effetto di interrompere la prescrizione poiché non possono dimostrare l’avvenuto ricevimento da parte del debitore.

Purtroppo si assiste spesso a pratiche aggressive dei call center i quali, nel tentativo di recuperare i crediti (in quanto pagati a percentuale sul riscosso) forniscono informazioni false al debitore, presagendo imminenti pignoramenti e ipoteche. Non è così: la finanziaria, e così anche la Findomestic, prima di avviare un’esecuzione forzata, dovrà prima procurarsi un “titolo esecutivo” ossia una sentenza di condanna o un decreto ingiuntivo, momento prima del quale passeranno svariati mesi. Ecco perché, se l’operatore telefonico dovesse minacciare il debitore, quest’ultimo potrebbe anche segnalarlo all’autorità garante per il mercato.

Ritardato pagamento: ricorso al giudice

In caso di mancato pagamento, la finanziaria può decidere di rivolgersi al giudice per:

  • recuperare le rate scadute e non versate, coi relativi interessi;
  • sciogliere il contratto e chiedere quindi l’immediato versamento anche delle rate non ancora scadute, in un’unica soluzione.

Analizziamo queste due ipotesi.

Recupero rate non versate

Abbiamo anticipato in precedenza che la finanziaria può ricorrere al giudice anche un giorno dopo il ritardato pagamento di una singola rata per ottenere le somme non ancora versate. Lo può fare in due modi diversi:

  • instaurando una causa contro il debitore, avviata con atto di citazione;
  • presentando un decreto ingiuntivo contro il debitore, depositando copia del contratto.

Di solito viene preferita la seconda strada, sicuramente più veloce. In tal caso il debitore si vede subito notificare l’ordine del giudice a pagare le somme (ordine emesso a semplice richiesta del creditore previa esibizione del contratto). Nei 40 giorni successivi alla notifica può però fare opposizione sollevando tutte le contestazioni che ritiene opportune.

Tanto la causa ordinaria quanto il decreto ingiuntivo vanno instaurati presso il giudice del tribunale ove il debitore ha residenza. Sono illegittimi i procedimenti giudiziari incardinati presso altri tribunali.

Risoluzione del contratto e restituzione dell’intero capitale

Per comprendere quali poteri ha la finanziaria è sempre bene verificare prima cosa stabilisce il contratto. Di solito viene inserita una clausola in forza della quale, in caso di mancato pagamento anche di una sola rata, il creditore può “risolvere il contratto” ossia esigere la restituzione immediata del capitale e degli interessi in un’unica soluzione, quindi anche delle rate non ancora maturate. È la cosiddetta risoluzione per inadempimento che, tuttavia, i giudici riconoscono solo quando l’inadempimento è grave in relazione all’economia complessiva del contratto. Tanto per fare un esempio, se il prestito è di 10mila euro e il cliente ha sempre versato costantemente tutte le rate, per una semplice omissione la finanziaria non potrà sciogliere l’accordo. Diverso il caso se l’omissione si protrae nel tempo fino a raggiungere un ragguardevole importo in relazione al totale del prestito.

In ogni caso, il creditore non trova ostacoli nell’agire per il recupero delle rate già scadute e non versate (come detto al punto precedente).

L’esecuzione forzata e il pignoramento

Una volta che il creditore si è procurato il titolo esecutivo (sentenza o decreto ingiuntivo) questi deve attendere i termini di legge. In particolare la sentenza deve essere emessa dal giudice e poi notificata al debitore; il decreto ingiuntivo invece richiede un ulteriore termine di 40 giorni senza che sia intervenuta l’opposizione.

Dopodiché la finanziaria notifica al debitore il cosiddetto atto di precetto: un ultimo avviso di pagamento in cui gli dà 10 giorni di tempo per adempiere. L’atto di precetto anticipa l’avvio del pignoramento ma scade dopo 90 giorni; per cui, se entro tale termine, non viene avviata l’azione esecutiva, esso va rinnovato.

Il pignoramento coinvolgerà i beni del debitore: dal quinto dello stipendio (anche se su di esso è già avvenuta la cessione del quinto in favore di altre finanziarie) alla pensione, dal conto corrente a eventuali crediti maturati nei confronti di terzi (canoni di locazione, ecc.). Per crediti consistenti la finanziaria può anche decidere di accendere ipoteca sugli immobili del debitore e avviare il pignoramento (di solito si intraprende tale strada quando il credito supera cinquemila euro per via dei costi e dei tempi che essa comporta).

La pensione non può essere pignorata se inferiore al minimo vitale (pari a una volta e mezzo l’assegno sociale, circa 680 euro). La parte superiore può essere pignorata per massimo un quinto. Gli stipendi sono invece pignorabili fino a un quinto sin dal primo euro.

Il deposito sul conto corrente può essere pignorato per intero ma solo per la parte che eccede il triplo l’assegno sociale (circa 1450 euro).

Se alla firma del contratto di finanziamento ha partecipato un garante (cosiddetto fideiussore) questi può subire il pignoramento al pari del debitore principale.

Soluzioni contro i debiti

Il debitore può sempre proporre un saldo e stralcio anche dopo l’avvio delle azioni esecutive, ma questo deve passare sempre per il consenso del creditore. Quando l’indebitamento è eccessivo rispetto alle concrete possibilità del consumatore, questi può far ricorso alla legge salvasuicidi (Legge 3/2012 o sul “sovraindebitamento”) che gli consente di presentare un piano di pagamento al giudice con un taglio in percentuale del debito: se il giudice lo accorda, la finanziaria non potrà che adeguarsi.

Fonte articolo: sito web La Legge per Tutti del 19/08/2018, url https://www.laleggepertutti.it/232000_cosa-succede-se-non-pago-un-finanziamento-findomestic